Compensi nel calcio femminile

I salari percepiti dalle donne sono più bassi rispetto a quegli degli uomini. Questa differenza è ancora più evidente negli sport, dove non sono considerate neanche delle professioniste.

Però il loro impegno non è da meno. Sono atlete che si allenano tra mille sacrifici tutti i giorni, arrivano anche a partecipare a competizioni internazionali, conquistano trofei e medaglie rappresentando l’Italia in diverse discipline, singole e di squadra, ma non hanno accesso al professionismo con tutte le tutele che questo garantisce. Collocate come dilettanti, nei loro contratti non c’è traccia di garanzie assicurative e contributive. Se dovesse sopraggiungere la maternità, le società che detengono il cartellino, sono “giustificate” a rescindere il contratto.

Stipendi medi negli sport

Andiamo ad analizzare i salari nei vari sport.
Nel Volley maschile, nella serie A1, lo stipendio medio è di 250.000 €. Nella pallavolo femminile mediamente la metà, la più pagata è Paola Egonu con 400.000 euro a stagione, escludendo sponsorizzazioni varie.
Nel Basket, in A1, la retribuzione media di un cestista è di circa 800.000 €all’anno, senza contare le sovvenzioni. La controparte femminile e di soli 6.750 € mensili, 81.000 € all’anno.
Negli Stati Uniti gli standard si alzano notevolmente. In NBA il più pagato è Lebran James 95.400.000 $, tra rimunerazione e sponsorizzazioni. La paga media e di 8-9 milioni di dollari, circa 7-8 milioni di euro.
WNBA, la controparte femminile dell’NBA, il compenso medio è pari a 100.000 $ più bonus. Qui è da poco entrato in vigore il professionismo femminile. La forbice è ancora troppo ampia ma il movimento è appena nato e ha notevoli margini di crescita.
Arriviamo infine al calcio. Nella Serie A maschile lo stipendio medio è di circa 2.000.000 € lordi, in Premier League, lo stipendio medio supera i 3 milioni di euro.
Secondo la FIFPro, le giocatrici professioniste all’estero percepiscono 4.123 € medi netti al mese, poco meno di 50.000 € all’anno. La giocatrice più stipendiata è la statunitense Alex Morgan che porta a casa 1.900.000 di sterline.
Le giocatrici di Serie A, come dicevamo in precedenza, non sono professioniste e non possono percepire più di 30.658€ lordi all’anno. Si possono aggiungere rimborsi forfettari e premi per un massimo di 61,97€ al giorno per massimo 5 giorni a settimana, in media 15.000 € lordi all’anno. Vanno ad aggiungersi sponsorizzazioni e “ospitate”.
Alia Guagni, ha invece deciso di emigrare in Spagna per poter avere un contratto da professionista, dove le calciatrici sono riconosciute come lavoratrici. Alia, colonna portante della Nazionale, ha avuto un po’ di infortuni ma è stata protagonista nella vittoria nella Supercoppa spagnola: suo il rigore decisivo nella semifinale contro il Barcellona.
Ti fanno sentire una professionista” Ha dichiarato Guagni “In modo tale che tu possa concentrarti solo sul campo”

Rivoluzione nel 2022

Un emendamento inserito nella legge di bilancio dalla Commissione Bilancio del Senato, ha riconosciuto la possibilità per le atlete di diventare professioniste anche sul fronte contrattuale.
Questo comporterà, finalmente, un riconoscimento riguardo alle tutele e alle garanzie rispetto alle prestazioni lavorative sportive, così come previsto nella legge 91 del 1981 per il professionismo sportivo maschile, con l’aggiunta della maternità nel caso delle donne. Questa regolamentazione non specifica quali siano i rapporti di lavoro sportivo professionistico, affidando tale aspetto al sistema sportivo.
La legge di bilancio del Governo Italiano, del dicembre 2019, aveva emanato l’accantonamento di circa 11 milioni di euro, per il triennio 2020-2022, a copertura di quelle società sportive che avessero stipulato (con atleti/e regolarmente contrattizzate) un vero accordo sportivo “scritto e depositato”.
Secondo una delibera della FIGC (del giugno 2020) a partire dalla stagione 2022-/23 tutti i club di massima serie saranno professionisti.

Professionismo femminile: ecco alcuni limiti

Una grande conquista che tuttavia potrebbe essere meglio definita. “Perché come sempre si fanno le cose benino ma non benissimo.” Dichiara cosi Katia Serra, ex calciatrice ed ora opinionista: “Un limite è che demanda alle singole federazioni la possibilità di fare questo passaggio oppure no. Il calcio ha già messo le mani avanti, con una delibera del Consiglio Federale di introduzione del professionismo dalla stagione ’22/’23, quindi i fondi del 2020 stanziati per la transizione dovrebbero andare interamente alla federazione calcistica, poi se ci saranno altre federazioni verranno suddivisi” continua Serra. “Ovviamente siamo molto grati della collaborazione del governo e della Figc, e ringraziamo il ministro Spadafora e tutti coloro che si sono spesi perché l’emendamento poteva essere cancellato invece è diventato legge “.
Ovviamente il riconoscimento legislativo non è ancora compiuto per lo status professionistico, esso sarà a cura della Figc nelle prossime delibere del 2021. Il Ministro dello Sport, Spadafora, auspica che il percorso iniziato possa concludersi in tempi brevi.
In questo periodo transitorio, i costi saranno a carico alle società sportive, cioè tutte le spese relative alle tutele legali, sanitarie ed assicurative, oltre al compenso contrattuale pattuito con la singola atleta.

Equal Pay

La strada è ancora lunga e non piena di insidie. Le norme in materia sono chiare e presenti, adesso tocca alle Società Sportive iniziare l’iter per adeguarsi, assieme alla Figc, per ottenere un “Equal Pay”.
Il professionismo femminile è un traguardo importante, perché, come ricorda Alia Guagni, la cosa importante non è guadagnare cifre milionarie e fuori portata, ma semplicemente percepire un profitto tale da potersi permettere di praticare uno sport che richiede impegno, energia e notevole dispendio fisico e mentale. Una scelta sacrosanta per poter equiparare due mondi, femminile e maschile, accomunati dalla passione per lo sport.

Walter D’Affronto

Il Giornale dei Mister

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